La ‘ndrangheta, lo Stato, la zona grigia. E i calabresi sempre più confusi
Lo Stato e la ‘ndrangheta: due forze che si combattono da decenni qui al Sud, e che più volte sono scese a compromessi per non darsi fastidio.
Lo Stato e la ‘ndrangheta: in mezzo, noi comuni mortali, che né con lo Stato né con la ‘ndrangheta abbiamo voce, e che da questa lotta ne usciamo azzoppati, confusi, stravolti. È una questione storica, che trova nel Meridione d’Italia terreno fertile fin dai tempi dei briganti.
I fatti storici e politici di questo nostro Paese attestano che Legalità e Giustizia non sempre hanno coinciso, eppure sono valori imprescindibili della Carta Costituzionale, come non sempre il tentare di sopravvivere nelle sabbie mobili della “zona grigia” è cosa condannabile anche se, spesso, si tende a condannare senza concedere alcuna attenuante.
Se la Legalità è cosa discutibile da Stato a Stato, da Regione a Regione, la Giustizia è un atto di fede; necessita di una dedizione che attinge allo spirito religioso più che al Diritto. E se la giustizia punisce, se la giustizia perdona, se la giustizia tradisce… la giustizia trionfa. Prima o poi.
Nella nostra terra, stuprata e vandalizzata dai politici, dagli scrittori e dai giornalisti nazionali e locali (con qualche doverosa eccezione) proliferano senza freni gramigna, povertà e ignoranza. Quest’ultima, in particolare, è l’elemento dominante e, nei tempi, ha preso piede nella nostra umile e bella terra di Calabria perché abbeverata a scapito delle risorse. È merito dei tanti viaggiatori stranieri se oggi conserviamo con orgoglio la mappatura della sua bellezza e della sua dolcezza carnale e materna, anche se i suoi figli non conobbero altro che sudore, sofferenza, baroni e “don” con le pezze al culo. Poi la partenza.
Magistrale è la descrizione che ne lascia Saverio Strati ne “Il Selvaggio di Santa Venere”, uno spaccato di vita meritevole del Premio Campiello. Strati, con le mani callose dei muratori e i piedi forti degli aspromontani, zoticone e sudicio com’era in quel mondo di “letterati”, non entusiasmò a quel tempo né la critica né i calabresi: i primi si sentirono scalzati dal quel linguaggio denso nella sua umiltà, i secondi - zoticoni e sudici com’erano - si sentirono troppo nudi dinnanzi alle sue verità. E finirono per scambiarle col tradimento.
Leggere Strati, oggi, è come leggere i rapporti degli attuali procuratori, ma con mezzo secolo di ritardo: «E questi saggi altro non erano che foresi: poveri caprai, poveri vaccari e zappatori, tutti analfabeti, con la crosta di mille e mille anni d’ignoranza sugli occhi e dentro gli orecchi e dentro l’animo che non era più capace di riscattarsi, d’illuminarsi del vero senso della vita. Gente fra l’altro poverissima che non tutti i giorni aveva un boccone di pane da dare ai propri figli, da mettere fra i denti; gente perennemente in debito, perché, avendo a che fare con la giustizia, era sempre in giro fra tribunali e carceri con gli avvocati sulle spalle che gli succhiavano quel poco di sangue che aveva; eppure questi saggi qua si ritenevano nel giusto, erano convintissimi di essere uomini in senso così netto e totale, che se uno osava, o osa, pensare il contrario e dirglielo, ti si avventano contro e ti scannano senza esitare un istante…».
Le cronache giudiziarie di questi anni hanno descritto ampiamente “l’evoluzione” minacciosa della ‘ndrangheta; è un virus che da decenni tiene in stato comatoso la provincia reggina e che è riuscito ad espandere il suo potere infettivo ovunque. Dopo le batoste del regime fascista - negli anni Cinquanta - sembrava che stesse scomparendo semplicemente perché i “miserabili” adepti erano consci della sua anacronisticità. Le cronache giudiziarie sopra citate spiegano tra le righe (e a volte in modo chiaro) perché lo “strumento” ‘ndrangheta fu rianimato e fatto sopravvivere fino ai nostri giorni con conseguenze devastanti per la nostra terra.
La ‘ndrangheta stracciona di Strati è cosa diversa da quella “istituzionalizzata” degli affari illeciti, ma è altrettanto nociva perché è l’humus che permette ai malandrini “tollerati” (confidenti con licenza di delinquere) di proliferare e di prevaricare. Ed è la mafia stracciona, che il più delle volte ha come unico fine l’ostentazione dell’appartenenza dei “foresi” a questo “immondezzaio” e che genera pure in chi malandrino non è l’atteggiamento “paramafioso”.
Solo lo smantellamento della mafia “istituzionalizzata”, e la dimostrazione che in questo ambito i principi presuntuosamente decantati non esistono in nessuna delle loro accezioni, potrà per effetto domino prospettare una svolta positiva e rompere “la crosta di mille e mille anni d’ignoranza”.
A tal proposito, noi attivisti del MoVimento 5 Stelle, chiediamo risposte concrete attraverso il nostro presidente della Commissione antimafia, Nicola Morra, acclamato ed eletto dai calabresi, che hanno riposto in lui sogni di Giustizia più che di Legalità e si aspettano adesso risultati concreti.
E “attendendo”, proliferano da un lato le operazioni di polizia, i giornali e la letteratura, dall’altro gli ignoranti e i loro pidocchi, e qualcuno si fa tagliare la coda ché, a tenerla troppo lunga, rischierebbe di inciampare. Mentre a Polsi scatta lo Stato marziale e si perquisisce Gesù Bambino dinnanzi a migliaia di fedeli. Chi voleva impressionarci ci è riuscito.
Qui in Calabria abbiamo il terrore persino di respirare. Al telefono rispondiamo col vocabolario in mano, scegliendo con cura le parole da usare e sperando che i militari del nucleo investigativo ci perdonino le stoltezze in cui spesso inciampiamo. Ché la Giustizia è buona, ma è incredibilmente sensibile ai vocaboli come le piante carnivore lo sono agli insetti.
Gli attivisti dei Meetup Congiunti della Calabria:
Meetup Reggio 5 Stelle
Meetup Magna Grecia 5 Stelle
Meetup Palmi
Meetup Istmo 5 Stelle – Girifalco
Meetup Catanzaro
Attivisti 5 Stelle Soverato
Attivisti in Movimento Borgia